OSPEDALE:
LA POLITICA A SERVIZIO DELLA SALUTE
Dopo
un anno di lavoro la Fondazione Michelucci ha consegnato
all'Amministrazione comunale la prima fase della ricerca sul tema
"Un ospedale contemporaneo per Pistoia", elaborato da un
gruppo interdisciplinare costituito da alcuni membri del Comitato
Scientifico della Fondazione (dott. Marco Geddes, Prof. Arch.
Raimondo Innocenti, Dott. Giuseppe Germano, Arch. Alessandro
Suppressa, Arch. Corrado Marcetti) opportunamente ampliato a i
esperti come il dott. Gavino Maciocco e il dott. Roberto Barontini
e ad alcuni giovani ricercatori: dott. Lorenzo Roti, Arch. Andrea
Aleardi e Arch. Laura Colini. Considerate le volute
imprecisioni riportate sulla stampa, dettate dal clima
preelettorale e da una povertà di argomentazioni sul
merito, occorre precisare che la spesa a carico del Comune di
Pistoia per la redazione della prima fase è stata di
quaranta milioni e non cento milioni che va a coprire le spese per
il lavoro svolto dai ricercatori e quelle che incidono sulla
gestione della Fondazione (personale, consumi etc), mentre il
contributo della gran parte dei membri è stato gratuito.
Ringrazio la redazione di "Dibattito Democratico"
per avermi dato la possibilità di spiegare sinteticamente
il contenuto della ricerca: sembra un'ovvietà ma invece, è
un fatto sempre più raro poiché, anche grazie il
contributo dei mezzi di comunicazione, è molto più
facile semplificare e mal interpretare le argomentazione degli
altri che ragionare o dimostrare le proprie idee sull'argomento
poiché aumenta le vendite e gli spettatori. L'iniziativa
promossa dal Comune di Pistoia, per la redazione di uno studio
specifico sull'ospedale contemporaneo a Pistoia, potrà
anche essere non condivisa in tutte le sue sfaccettature ma è
innegabile che ha il merito attivare una fase nuova del dibattito
in termini seri e non preconcetti, su un tema di così
rilevante importanza per il futuro di Pistoia: sta alle forze
politiche e ai cittadini singoli o associati dimostrare maturità
e capacità di governare il cambiamento. Si può
scegliere la strada dell'approfondimento e del confronto di idee o
quella della polemica inconcludente tanto cara agli esponenti
rampanti di Alleanza Nazionale. Occorre ulteriormente
precisare che la Fondazione Michelucci, per sua natura statutaria,
non è uno studio di progettazione che elabora risposte
quantitative tanto care ai decisionisti dell'ultima generazione su
interrogativi del tipo: quanto costa un ospedale?(come se si
comprasse un auto) in quali tempi si costruisce?. Elabora idee e
proposte sulle quali la città e in particolare gli
amministratori possono sviluppare un ragionamento da perfezionare
ed arricchire con il contributo di tanti, ponendo così le
basi per un progetto attuativo da elaborare con il contributo di
professionalità specifiche. La prima risposta che doveva
essere fornita al Comune di Pistoia era relativa all'idoneità
dell'Ospedale del Ceppo e alla sua capacità di essere
ammodernato per rispondere alle future esigenze. La prima parte
dello studio, analizza il profilo organizzativo e funzionale della
rete ospedaliera della ASL3 e dell'ospedale, sui dati della
Regione Toscana e sulla relazione sanitaria 2000 della ASL3 che
rileva una loro sostanziale tenuta, in un contesto strutturale e
logistico molto precario. Quest'ultimo fatto emerge con chiarezza
anche da un'indagine compiuta su un campione rappresentativo di
operatori sanitari (179 unità) appartenenti a tutte le U.O.
e a tutte le qualifiche professionali selezionati in maniera
casuale (dai soliti noti siamo stati accusati di aver
scientificamente selezionato gli intervistati!) su due blocchi
distinti riguardanti gli aspetti organizzativi e logistici e
l'adeguatezza degli aspetti assistenziali (degenza, ambulatori,
soggiorno, accoglienza visitatori). Per ciascun aspetto si
richiedeva un punteggio da uno (massima valutazione negativa) a
quattro (massima valutazione positiva) e la media dei punteggi è
compresa tra uno e due. Nelle note aggiuntive del questionario il
60% degli intervistati ha sottolineato con forza gli aspetti più
critici dell'ospedale come le condizioni di difficoltà dei
camminamenti, la lontananza dei servizi, l'assenza di percorsi
differenziati per il pubblico e i sanitari, la presenza di camere
con troppi posti letti senza bagni, la persistenza di barriere
architettoniche, la carenza di una rete telematica interna con la
quale inviare e ricevere richieste o referti, l'inadeguatezza
degli spazi e dei locali di supporto agli ambulatori, oltre a
richiamare il problema della sicurezza per pazienti e personale
dovuto alle carenze strutturali. Il primo fatto rilevante
della ricerca è quello di aver fatto emergere direttamente
dagli operatori una risposta razionale sull'intero quadro dei
problemi, uscendo una volta per tutte da valutazioni parziali e
non riscontrate. L'attuale configurazione, per carenza di aree
volano, cioè spazi disponibili ad accogliere la costruzione
di nuovi reparti in attesa di procedere a complesse operazioni di
demolizione - ricostruzione o ristrutturazione dei fabbricati di
recente edificazione, rende difficile un intervento complessivo di
riorganizzazione funzionale secondo le moderne esigenze normative
e funzionali. Come ho già detto non è compito della
ricerca fornire uno studio di fattibilità sull'area del
Ceppo: è un'operazione complessa che presuppone fasi di
studio, approfondimenti multidisciplinari ben più
strutturati sulla base di obiettivi- programma preventivamente
fissati, ma il gruppo di lavoro ha espresso una valutazione
fortemente critica sulla possibilità di attivare tale
processo. Anche l'area limitrofa dell'ex convento di S.
Lorenzo appare di difficile coinvolgimento sia per la limitatezza
e rigidità degli spazi interni ed esterni, sia per il
rischio di espandere e complicare ulteriormente i collegamenti fra
le singole unità. Occorre anche tenere presente che da
molti decenni l'ospedale del Ceppo ha dovuto convivere con la
presenza di cantieri che hanno reso difficile e precario il lavoro
del personale sanitario, arrecando anche gravi disagi ai degenti
nelle fasi di maggiore criticità; proporre un altro
decennio di interventi edilizi pesanti, senza avere una buona dose
di certezza che il risultato finale porti un reale salto di
qualità sui servizi e sulle prestazioni, è un
rischio troppo elevato che Pistoia non può più
permettersi. L'altro interrogativo a cui lo studio doveva dare
una risposta sulla riconversione dell'ospedale del Ceppo, dovendo
prevedere un nuovo presidio. Si è ipotizzata una funzione
che comprendesse una serie di prestazioni di natura
socio-sanitaria, improntate ad un'organizzazione snella e
flessibile, aperta al dialogo e all'accoglienza: si può
prevedere la valorizzazione e l'utilizzazione di spazi per
interventi di socializzazione sia sul versante più
specificatamente dei servizi sociali che su quello più
generico dei servizi socio sanitari. Nella parte di maggior pregio
storico - artistico è opportuno inserire funzioni filtro
tra il Centro storico e la struttura sanitaria come la biblioteca
medica, il museo medico scientifico, il centro congressi collegato
a idonee strutture ricettive, centri di prenotazione; procedendo
verso l'interno potrebbero trovare collocazione gli uffici
dirigenziali ed amministrativi dell'Asl,, le sedi delle
associazioni di volontariato, la scuola infermieri. Nella
successiva fascia intermedia si collocherebbero i servizi e gli
interventi e le strutture di tipo semiresidenziale come centro
diurni per anziani , un day hospital diagnostico, un day hospital
riabilitativo, spazi per il trattamento del disagio psichico,
spazi per la riabilitazione funzionale oltre al centro dialisi
attualmente in costruzione. Nella terza fascia, prossima ai
parcheggi da potenziare e con il verde da riprogettare, le
attività ambulatoriali e i servizi attualmente sparsi nel e
a ridosso del centro storico come la medicina legale, dello sport,
del lavoro e per gli extracomunitari, procedendo ad una
razionalizzazioni delle sedi, con inevitabili ricadute positive
sui servizi e sui costi gestionali. Dovrebbe essere confermata la
presenza del polo diagnostico sia clinico che biologico. L'idea di
costituire un polo per la salute integrato con il centro storico,
oggi può sembrare un approdo naturale, attento ai nuovi
bisogni e alle origini storiche della struttura, ma non lo era un
anno fa quando, da molti, la costruzione di un nuovo ospedale era
vista in alternativa totale al Ceppo: questo è un merito
non di poco conto del metodo con cui è stata portata avanti
la ricerca. Infine, dopo avere analizzato criticamente la nuova
concezione di un moderno impianto ospedaliero, si è
prefigurato un futuro dimensionamento della struttura (430 posti
di cui 380 in regime ordinario e 50 in regime di day hospital) ed
è stato sviluppato un primo ragionamento sui
siti. Nell'ottica di selezionare alcune aree in grado di
sopportare un nuovo insediamento ospedaliero, alleggerito si
dimensionalmente da quanto previsto nel Ceppo ma comunque sempre
su dimensioni di circa 8 ettari, risulterebbe opportuno attivare
operazioni di riqualificazione ambientale e urbana, anziché
puntare al consumo di territorio, in particolare ad uso agricolo.
L'area Pallavicini, appoggiata al tracciato est della
superstrada, in prossimità all'imbocco della Montalese,
poteva rappresentare un'area adeguata, con buone caratteristiche
di idoneità per insediare un nuovo ospedale; il futuro
assetto di questa area sembra delineato da un piano attuativo con
funzioni miste approvato dall'Amministrazione comunale dopo lunghi
anni di contenzioso con la proprietà. La vicinanza alla
viabilità a scorrimento veloce, il valore strategico di
connessione tra parti di città da riqualificare come quella
residenziale delle Fornaci e quella produttiva di S.Agostino, la
prossimità alla viabilità provinciale di rapido
collegamento con i centri urbani di Montale e Agliana, assieme
alla linearità dei collegamenti con il centro storico e con
la struttura del Ceppo, rappresentavano un insieme di ragioni
convincenti per insediare il nuovo ospedale. Nell'ottica di un
piano di riqualificazione urbana, un'altra opzione è data
dall'area dell'impianto di compostaggio - Dano, in prossimità
della rotonda della nuova pratese: questo sito è in grado
di attivare un grande interesse nell'immaginario collettivo, data
l'urgenza di procedere in ogni modo un processo di
riqualificazione dato che, l'impianto dovrà essere superato
comunque. Occorre ampliare le aree di proprietà pubblica
ridefinendo il perimetro nord con l'acquisizione di spazi di
proprietà privata. Qualora gli enti preposti
direttamente alle scelte sanitarie (Regione Toscana e ASL)
riaffermassero l'urgenza di superare l'assetto del Ceppo e
reperissero conseguentemente risorse finanziarie adeguate alla
realizzazione di un nuovo presidio ospedaliero, l'unica area oggi
disponibile, in gran parte di proprietà pubblica servita
dalla grande viabilità è quella dell'ex campo di
volo, su cui però fino ad oggi l'Amministrazione comunale,
con i suoi atti di programmazione, ha previsto e riconfermato la
realizzazione di un Arboreto. E' forse questa l'ultima
occasione per aprire un confronto serio sulla fattibilità e
sull'utilità di tale previsione: non si possono cancellare
con un colpo di spugna, anche sotto la pressione di un problema
importante come quello del nuovo ospedale, anni di dibattiti,
progetti, tentativi di realizzazione e risorse intellettuali ed
economiche comunque investite. Certo è che se l'idea
originaria di Arboreto dovesse essere diluita o impoverita, come è
accaduto in occasione delle recenti iniziative, per fortuna non
attivate, è senza dubbio più opportuno e corretto
investire sul nuovo ospedale. L'ospedale contemporaneo
necessiterebbe comunque di un consistente e articolato progetto
degli spazi aperti e a verde, necessario per la qualità
della degenza e al contempo per ridurre l'impatto i della
viabilità a scorrimento veloce e della ferrovia. Nella
parte non interessata dal nuovo insediamento ospedaliero, potrebbe
essere progettato un parco urbano in grado di rafforzare e
qualificare le relazioni con la città.
Alessandro
Suppressa
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