IL DIBATTITO DEMOCRATICO N°2 2002

OSPEDALE: LA POLITICA A SERVIZIO DELLA SALUTE


Dopo un anno di lavoro la Fondazione Michelucci ha consegnato all'Amministrazione comunale la prima fase della ricerca sul tema "Un ospedale contemporaneo per Pistoia", elaborato da un gruppo interdisciplinare costituito da alcuni membri del Comitato Scientifico della Fondazione (dott. Marco Geddes, Prof. Arch. Raimondo Innocenti, Dott. Giuseppe Germano, Arch. Alessandro Suppressa, Arch. Corrado Marcetti) opportunamente ampliato a i esperti come il dott. Gavino Maciocco e il dott. Roberto Barontini e ad alcuni giovani ricercatori: dott. Lorenzo Roti, Arch. Andrea Aleardi e Arch. Laura Colini.
Considerate le volute imprecisioni riportate sulla stampa, dettate dal clima preelettorale e da una povertà di argomentazioni sul merito, occorre precisare che la spesa a carico del Comune di Pistoia per la redazione della prima fase è stata di quaranta milioni e non cento milioni che va a coprire le spese per il lavoro svolto dai ricercatori e quelle che incidono sulla gestione della Fondazione (personale, consumi etc), mentre il contributo della gran parte dei membri è stato gratuito.
Ringrazio la redazione di "Dibattito Democratico" per avermi dato la possibilità di spiegare sinteticamente il contenuto della ricerca: sembra un'ovvietà ma invece, è un fatto sempre più raro poiché, anche grazie il contributo dei mezzi di comunicazione, è molto più facile semplificare e mal interpretare le argomentazione degli altri che ragionare o dimostrare le proprie idee sull'argomento poiché aumenta le vendite e gli spettatori.
L'iniziativa promossa dal Comune di Pistoia, per la redazione di uno studio specifico sull'ospedale contemporaneo a Pistoia, potrà anche essere non condivisa in tutte le sue sfaccettature ma è innegabile che ha il merito attivare una fase nuova del dibattito in termini seri e non preconcetti, su un tema di così rilevante importanza per il futuro di Pistoia: sta alle forze politiche e ai cittadini singoli o associati dimostrare maturità e capacità di governare il cambiamento. Si può scegliere la strada dell'approfondimento e del confronto di idee o quella della polemica inconcludente tanto cara agli esponenti rampanti di Alleanza Nazionale.
Occorre ulteriormente precisare che la Fondazione Michelucci, per sua natura statutaria, non è uno studio di progettazione che elabora risposte quantitative tanto care ai decisionisti dell'ultima generazione su interrogativi del tipo: quanto costa un ospedale?(come se si comprasse un auto) in quali tempi si costruisce?. Elabora idee e proposte sulle quali la città e in particolare gli amministratori possono sviluppare un ragionamento da perfezionare ed arricchire con il contributo di tanti, ponendo così le basi per un progetto attuativo da elaborare con il contributo di professionalità specifiche.
La prima risposta che doveva essere fornita al Comune di Pistoia era relativa all'idoneità dell'Ospedale del Ceppo e alla sua capacità di essere ammodernato per rispondere alle future esigenze.
La prima parte dello studio, analizza il profilo organizzativo e funzionale della rete ospedaliera della ASL3 e dell'ospedale, sui dati della Regione Toscana e sulla relazione sanitaria 2000 della ASL3 che rileva una loro sostanziale tenuta, in un contesto strutturale e logistico molto precario. Quest'ultimo fatto emerge con chiarezza anche da un'indagine compiuta su un campione rappresentativo di operatori sanitari (179 unità) appartenenti a tutte le U.O. e a tutte le qualifiche professionali selezionati in maniera casuale (dai soliti noti siamo stati accusati di aver scientificamente selezionato gli intervistati!) su due blocchi distinti riguardanti gli aspetti organizzativi e logistici e l'adeguatezza degli aspetti assistenziali (degenza, ambulatori, soggiorno, accoglienza visitatori). Per ciascun aspetto si richiedeva un punteggio da uno (massima valutazione negativa) a quattro (massima valutazione positiva) e la media dei punteggi è compresa tra uno e due. Nelle note aggiuntive del questionario il 60% degli intervistati ha sottolineato con forza gli aspetti più critici dell'ospedale come le condizioni di difficoltà dei camminamenti, la lontananza dei servizi, l'assenza di percorsi differenziati per il pubblico e i sanitari, la presenza di camere con troppi posti letti senza bagni, la persistenza di barriere architettoniche, la carenza di una rete telematica interna con la quale inviare e ricevere richieste o referti, l'inadeguatezza degli spazi e dei locali di supporto agli ambulatori, oltre a richiamare il problema della sicurezza per pazienti e personale dovuto alle carenze strutturali.
Il primo fatto rilevante della ricerca è quello di aver fatto emergere direttamente dagli operatori una risposta razionale sull'intero quadro dei problemi, uscendo una volta per tutte da valutazioni parziali e non riscontrate.
L'attuale configurazione, per carenza di aree volano, cioè spazi disponibili ad accogliere la costruzione di nuovi reparti in attesa di procedere a complesse operazioni di demolizione - ricostruzione o ristrutturazione dei fabbricati di recente edificazione, rende difficile un intervento complessivo di riorganizzazione funzionale secondo le moderne esigenze normative e funzionali. Come ho già detto non è compito della ricerca fornire uno studio di fattibilità sull'area del Ceppo: è un'operazione complessa che presuppone fasi di studio, approfondimenti multidisciplinari ben più strutturati sulla base di obiettivi- programma preventivamente fissati, ma il gruppo di lavoro ha espresso una valutazione fortemente critica sulla possibilità di attivare tale processo.
Anche l'area limitrofa dell'ex convento di S. Lorenzo appare di difficile coinvolgimento sia per la limitatezza e rigidità degli spazi interni ed esterni, sia per il rischio di espandere e complicare ulteriormente i collegamenti fra le singole unità. Occorre anche tenere presente che da molti decenni l'ospedale del Ceppo ha dovuto convivere con la presenza di cantieri che hanno reso difficile e precario il lavoro del personale sanitario, arrecando anche gravi disagi ai degenti nelle fasi di maggiore criticità; proporre un altro decennio di interventi edilizi pesanti, senza avere una buona dose di certezza che il risultato finale porti un reale salto di qualità sui servizi e sulle prestazioni, è un rischio troppo elevato che Pistoia non può più permettersi.
L'altro interrogativo a cui lo studio doveva dare una risposta sulla riconversione dell'ospedale del Ceppo, dovendo prevedere un nuovo presidio. Si è ipotizzata una funzione che comprendesse una serie di prestazioni di natura socio-sanitaria, improntate ad un'organizzazione snella e flessibile, aperta al dialogo e all'accoglienza: si può prevedere la valorizzazione e l'utilizzazione di spazi per interventi di socializzazione sia sul versante più specificatamente dei servizi sociali che su quello più generico dei servizi socio sanitari. Nella parte di maggior pregio storico - artistico è opportuno inserire funzioni filtro tra il Centro storico e la struttura sanitaria come la biblioteca medica, il museo medico scientifico, il centro congressi collegato a idonee strutture ricettive, centri di prenotazione; procedendo verso l'interno potrebbero trovare collocazione gli uffici dirigenziali ed amministrativi dell'Asl,, le sedi delle associazioni di volontariato, la scuola infermieri. Nella successiva fascia intermedia si collocherebbero i servizi e gli interventi e le strutture di tipo semiresidenziale come centro diurni per anziani , un day hospital diagnostico, un day hospital riabilitativo, spazi per il trattamento del disagio psichico, spazi per la riabilitazione funzionale oltre al centro dialisi attualmente in costruzione. Nella terza fascia, prossima ai parcheggi da potenziare e con il verde da riprogettare, le attività ambulatoriali e i servizi attualmente sparsi nel e a ridosso del centro storico come la medicina legale, dello sport, del lavoro e per gli extracomunitari, procedendo ad una razionalizzazioni delle sedi, con inevitabili ricadute positive sui servizi e sui costi gestionali. Dovrebbe essere confermata la presenza del polo diagnostico sia clinico che biologico. L'idea di costituire un polo per la salute integrato con il centro storico, oggi può sembrare un approdo naturale, attento ai nuovi bisogni e alle origini storiche della struttura, ma non lo era un anno fa quando, da molti, la costruzione di un nuovo ospedale era vista in alternativa totale al Ceppo: questo è un merito non di poco conto del metodo con cui è stata portata avanti la ricerca.
Infine, dopo avere analizzato criticamente la nuova concezione di un moderno impianto ospedaliero, si è prefigurato un futuro dimensionamento della struttura (430 posti di cui 380 in regime ordinario e 50 in regime di day hospital) ed è stato sviluppato un primo ragionamento sui siti.
Nell'ottica di selezionare alcune aree in grado di sopportare un nuovo insediamento ospedaliero, alleggerito si dimensionalmente da quanto previsto nel Ceppo ma comunque sempre su dimensioni di circa 8 ettari, risulterebbe opportuno attivare operazioni di riqualificazione ambientale e urbana, anziché puntare al consumo di territorio, in particolare ad uso agricolo.
L'area Pallavicini, appoggiata al tracciato est della superstrada, in prossimità all'imbocco della Montalese, poteva rappresentare un'area adeguata, con buone caratteristiche di idoneità per insediare un nuovo ospedale; il futuro assetto di questa area sembra delineato da un piano attuativo con funzioni miste approvato dall'Amministrazione comunale dopo lunghi anni di contenzioso con la proprietà.
La vicinanza alla viabilità a scorrimento veloce, il valore strategico di connessione tra parti di città da riqualificare come quella residenziale delle Fornaci e quella produttiva di S.Agostino, la prossimità alla viabilità provinciale di rapido collegamento con i centri urbani di Montale e Agliana, assieme alla linearità dei collegamenti con il centro storico e con la struttura del Ceppo, rappresentavano un insieme di ragioni convincenti per insediare il nuovo ospedale.
Nell'ottica di un piano di riqualificazione urbana, un'altra opzione è data dall'area dell'impianto di compostaggio - Dano, in prossimità della rotonda della nuova pratese: questo sito è in grado di attivare un grande interesse nell'immaginario collettivo, data l'urgenza di procedere in ogni modo un processo di riqualificazione dato che, l'impianto dovrà essere superato comunque. Occorre ampliare le aree di proprietà pubblica ridefinendo il perimetro nord con l'acquisizione di spazi di proprietà privata.
Qualora gli enti preposti direttamente alle scelte sanitarie (Regione Toscana e ASL) riaffermassero l'urgenza di superare l'assetto del Ceppo e reperissero conseguentemente risorse finanziarie adeguate alla realizzazione di un nuovo presidio ospedaliero, l'unica area oggi disponibile, in gran parte di proprietà pubblica servita dalla grande viabilità è quella dell'ex campo di volo, su cui però fino ad oggi l'Amministrazione comunale, con i suoi atti di programmazione, ha previsto e riconfermato la realizzazione di un Arboreto.
E' forse questa l'ultima occasione per aprire un confronto serio sulla fattibilità e sull'utilità di tale previsione: non si possono cancellare con un colpo di spugna, anche sotto la pressione di un problema importante come quello del nuovo ospedale, anni di dibattiti, progetti, tentativi di realizzazione e risorse intellettuali ed economiche comunque investite.
Certo è che se l'idea originaria di Arboreto dovesse essere diluita o impoverita, come è accaduto in occasione delle recenti iniziative, per fortuna non attivate, è senza dubbio più opportuno e corretto investire sul nuovo ospedale.
L'ospedale contemporaneo necessiterebbe comunque di un consistente e articolato progetto degli spazi aperti e a verde, necessario per la qualità della degenza e al contempo per ridurre l'impatto i della viabilità a scorrimento veloce e della ferrovia. Nella parte non interessata dal nuovo insediamento ospedaliero, potrebbe essere progettato un parco urbano in grado di rafforzare e qualificare le relazioni con la città.

Alessandro Suppressa