CHIESA OGGI
LA CHIESA DI CRISTO BUON PASTORE A S.FELICE
"Chiesa Oggi - Architettura e comunicazione"


Con la consacrazione della nuova chiesa di " Cristo Buon Pastore" a San Felice, avvenuta lo scorso 25 febbraio, la città e la sua comunità religiosa si sono arricchite di una nuova presenza significante. La nostra realtà territoriale pistoiese mantiene indelebili le preziose stratificazioni di un percorso di fede che dalle chiese altomedievali, romaniche e gotiche, attraversa episodi salienti del rinascimento e del barocco, nonché un insieme organico di realizzazioni settecentesche.
Nel solco delle chiese progettate a Pistoia da Michelucci, a partire dal secondo dopoguerra sino alle soglie del Concilio Vaticano II°, che hanno posto le basi di una straordinaria e lunga ricerca, la Diocesi di Pistoia, con l'incarico conferito a Giovanni Battista Bassi, dopo il primo episodio di S. Maria Maggiore a Vicofaro agli inizi degli anni '70, ha avuto il merito di consolidare questa tradizione che nel suo complesso, rappresenta una delle più importanti realtà culturali della città.
Deve essere sottolineato il coraggio nell'intraprendere nuove "avventure" in un periodo come quello attuale spesso incapace di interpretare e dialogare con la contemporaneità, ingabbiato da visioni nostalgiche di retroguardia o da logiche più realistiche che possono essere riassunte frequentemente in una frase "non bisogna costruire più chiese, c'è ne sono già troppe".
La positiva conferma, scaturita dalla realizzazione della nuova chiesa di S. Felice, non solo ci spinge ad andare avanti, ma sottolinea l'importanza di convogliare risorse economiche (è vero sempre insufficienti) in operazioni di qualità da consegnare come testimonianza alle future generazioni. Si rifugge così dalle logiche dell'effimero e dell' usa e getta, mentre si sottolinea l'azione dello spirito creativo originato da un percorso di fede maturo. Non a caso per i parrocchiani, del piccolo e sinuoso nucleo abitato di S. Felice, posto a nord di Pistoia, la costruzione della nuova chiesa è stato un vero miracolo che attribuisce ulteriore dignità all'esistente, divenendo riferimento per molti insediamenti sparsi lungo la valle del torrente Ombrone.
Il percorso di maturazione che ha attraversato il progettista è sotto gli occhi di tutti: mentre la forza espressiva e scultorea, della cortina esterna della chiesa di Vicofaro quasi contrasta con l'armonia dello spazio interno, a volere sottolineare la fatica e il travaglio dell'uomo a cogliere l'essenza del messaggio evengelico, nella Chiesa di S. Felice all' Ombrone, la purezza formale e la collegazione armonica delle parti frutto di una organica riflessione, trasmettono al visitatore senso di quiete di silenzio interiore, amplificati dallo stretto legame con l'ambiente naturale circostante.
Lo spazio sacro non è solo il luogo dove "la Chiesa nella sua profondità misterico- sacramentale si esprime nell'immagine storico - salvifica del popolo di Dio" ma anche, come ha scritto un maestro recentemente scomparso Roberto Gabetti "una dimensione in cui qualsiasi persona, credente o non credente può proteggersi dal troppo caldo o dal troppo freddo, per sedersi in silenzio, per meditare, per concentrarsi su qualcosa e, poiché questa disposizione può anche aprirsi alla preghiera, non posso dimenticare che quel luogo diventa santuario del Signore". Entrando all'interno della chiesa, progettata da Bassi in collaborazione con la figlia Elena, ho percepito immediatamente quanto descritto da Gabetti, ricevendone una piacevole e rassicurante sensazione che ho cercato di interpretare sotto due profili prevalenti.
Il primo è più evidente, relazionato strettamente alla configurazione architettonica: il candore delle pareti ad intonaco tirato a stucco e la luce naturale determinano una totale continuità spaziale; sull'aula assembleare "appoggia" la grande copertura in legno che trasmette un calore antico e senso di protezione. Quest'ultima, con le sue travature a 90°, poteva risultare un peso quasi schiacciante (quanti uomini avvertono il peso di vivere una fede autentica) ma le cerniere metalliche la sollevano senza gravare e perciò lo spazio può gioire fino a dilatarsi ed immergersi con l'esterno: ad ogni uomo viene offerta la possibilità di trovare liberamente il proprio sentiero di ricerca per fare incontrare le cose del cielo con quelle della terra.
La croce brunita presente in facciata, che si staglia contro il cielo azzurro, riassume le due dimensioni e armonizza ciò che solo in apparenza contrasta elevando spiritualmente l'intera costruzione.
Il secondo motivo può essere rintracciato con una relazione del tutto particolare che l'architetto Bassi stabilisce con il termine "contesto" a cui ha improntato, con originalità creativa, tutta la sua produzione: l'architettura non deve solo dialogare con i connotati dello spazio circostante, cogliendone l'essenza e non tanto i tratti superficiali, ma attraverso essa deve nascere un invito all'interpretazione della storia.
La propria esperienza confluisce in un confronto con le testimonianze sedimentate e diventa comunione di cultura e trasmette un senso di appartenenza ad un grande fiume in cui sono confluite le infinite storie umane e di fede nel corso dei millenni. Ecco allora, che insieme ad un linguaggio architettonico aggiornato, ritroviamo memorie si spazi antichi come l'audacia delle strutture lignee, l'abside pensile, l'accenno al matroneo con la presenza delle scale che richiamano il fascino dei complessi conventuali, il richiamo all'armonia presente nell'opera pittorica di Piero della Francesca, il rimando simbolico all'universalità della Cattedra di Pietro: ogni uomo può rintracciare un frammento delle proprie radici e al contempo i suggerimenti per riattualizzare il proprio cammino di fede insieme alla comunità dei credenti. Si esalta così il Dio della Storia "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe" ma anche il fatto che Dio non si stanca di incarnarsi quotidianamente nella vita di ogni uomo.
Questa dimensione trova conferma nella semplicità, nell'eleganza e nell'essenzialità degli arredi liturgici permanenti, che intendono richiamare il loro profondo valore simbolico, quasi a voler fare riscoprire la loro matrice originaria. L'ampiezza dello spazio che avvolge ogni "oggetto", comunica un bisogno di complementarietà affidata non tanto ad una aggiunta di elementi formali, quanto a quelle azioni liturgiche e di vita testimoniata espressioni di una comunità viva e creativa.

Alessandro Suppressa