IL TREMISSE PISTOIESE N°80

UNA ARCHITETTURA DI QUALITÀ CHE VALORIZZI IL NOSTRO TERRITORIO

In molte regioni italiane, amministrazioni pubbliche lungimiranti, o forse semplicemente dotate di idee programmatiche chiare, hanno dato vita negli ultimi tempi a numerose iniziative progettuali tese a riqualificare il proprio territorio, urbano e non, individuando nella pratica di una architettura di qualità il fattore di partenza.

In realtà la vera giusta partenza presuppone sempre una serie di idee e spunti che, sistematizzati in una programmazione puntuale ed approfondita, consentono di giungere all’obiettivo prefissato con rispetto di tempi, costi e soprattutto delle aspettative.

Va detto anche che, di per sé, l’Italia rappresenta ancora una volta un caso anomalo rispetto ad altre nazioni europee dove l’architettura è da anni al centro del dibattito culturale, è intesa come segno di civiltà e come tale è sentita e seguita da gran parte della popolazione.

Basta solo evidenziare che, mentre negli anni ’80 - ’90 il nostro paese si trovava a fare i conti con la degenerazione di tangentopoli, con i suoi annessi e connessi che riguardavano da vicino anche il sistema degli incarichi di progettazione e degli appalti, in nazioni come la Francia e la Germania venivano progettati, realizzati e gestiti circa 300 nuovi musei, per la maggior parte dei casi frutto di concorsi di idee e progettazione.

In italia si sta cercando di colmare questo gap già da diversi anni, con la istituzione della direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanee presso il Ministero dei Beni Culturali (www.darc.beniculturali.it) cui è stato affidato il compito di sensibilizzare enti pubblici e privati verso la qualità del progettare.

I risultati quantitativi e qualitativi, non molto soddisfacenti a livello di architettura minore, soprattutto se di iniziativa privata, sono stati invece più validi per una serie di opere pubbliche di ampio respiro quali auditorium, chiese, biblioteche, musei e organismi similari; è da riportare che la progettazione di tali interventi, assegnata mediante concorsi internazionali, è stata in molti casi appannaggio di architetti stranieri, per motivi che vanno da una loro maggiore attitudine ed esperienza a tali strumenti fino ad una certa dose di provincialismo che ancora caratterizza i nostri centri decisionali.

Anche questa è una caratteristica piuttosto tipica del panorama italiano e si concretizza spesso in incarichi assegnati sulla fiducia a progettisti già affermati, facenti parte di un vero e proprio star system, a scapito di progettisti con meno esperienza ma teoricamente in grado di fornire idee progettuali ugualmente valide.

L’ambito pistoiese non si discosta molto da questa realtà, almeno nei risultati pratici, mentre a livello di sensibilità ed iniziativa va riconosciuto alle Amministrazioni di Pistoia e di Quarrata, praticamente in mezzo ad un deserto in cui si nota soprattutto l’assenza inspiegabile di un Comune importante come Montecatini Terme, di avere intrapreso percorsi interessanti e stimolanti che ad esempio nei tre casi del concorso europan a Quarrata hanno fatto scuola in italia.

Il Comune di Pistoia, con il precedente mandato amministrativo, invece, ha dato il via a diversi concorsi di idee e di progettazione come quello per l’area ex officine michelucci (di cui si attende la seconda fase), il p.e.e.p. di Masiano, ancora lontano dalla realizzazione, la nuova scuola media e la nuova biblioteca nelle aree ex-breda, quest’ultima per fortuna alla fase esecutiva.

L’incarico per la realizzazione della passerella progettata da Santiago Calatrava nell’area a sud del centro storico completa il rispettabile percorso pistoiese, cui purtroppo si contrappone un basso livello qualitativo nei progetti su aree private o promossi da Enti.

Su questo fronte il problema pare essere la graduale perdita di volontà di ricerca ed approfondimento da parte dei progettisti, sempre più presi in mezzo alle pressioni tipiche, seppur legittime, degli aspetti burocratici, amministrativi ed economici. Se a questo si somma un certo distacco culturale di buona parte dei politici e della pubblica opinione, ecco che si capisce come oggi l’architettura sia considerata una “cosa” per pochi addetti ai lavori e non faccia più parte della vita della gente e della città come succedeva in passato (almeno fino agli anni ’60).

L’Ordine provinciale degli architetti ha cercato di valorizzare maggiormente gli aspetti progettuali contenuti nella pratica professionale ed ha organizzato oltre ad un interessante corso di bioarchitettura, una serie di incontri di aggiornamento culturale, aperti alla cittadinanza, dove progettisti capaci, italiani e stranieri, sono intervenuti a presentare le proprie ricerche ed il proprio approccio alla progettazione. In un anno si sono succeduti una quindicina di progettisti che hanno interessato con le loro opere una vasta platea, purtroppo spesso costituita solo da colleghi e quasi mai da cittadini o amministratori. Tale constatazione ci ha convinto ad individuare e segnalare anche altri percorsi utili alla diffusione dell’architettura di qualità, che intendiamo rilanciare con le prossime iniziative.

Ai comuni della Provincia di Pistoia è stato proposto di dotarsi di un apposito ufficio-concorsi deputato alla individuazione di possibili interventi da realizzare con tale strumento garante di qualità e trasparenza; tale ufficio potrebbe, per i comuni minori, essere gestito in forma di consorzio o tramite l’azione diretta dell’Amministrazione Provinciale.

In questo senso sarebbe importante anche la creazione di laboratori di progettazione partecipata, che cominciano ad essere diffusi anche non lontano da noi (riqualificazione di cinque piazze a Prato, recupero di piazza Brin a La Spezia).

Alle Fondazioni Bancarie che operano sul nostro territorio è stato chiesto di utilizzare, nell’assegnazione di contributi a progetti di recupero o di nuova edificazione, criteri di valutazione che premino i progetti scaturiti da concorso di idee.

Le amministrazioni pubbliche potrebbero poi istituire incentivi alla progettazione di qualità anche per le opere private, sulla scia di quanto ha fatto ad esempio il comune di Faenza (ed, in parte, Calenzano), dove la realizzazione di interventi con criteri di bioarchitettura è premiata con bonus volumetrici e abbattimento degli oneri da pagare al comune; il bonus è previsto anche per quei privati che invece di presentare in commissione edilizia un solo progetto ne commissionino almeno tre a diversi progettisti, facendo scegliere il più meritevole alla commissione edilizia stessa, dando vita in pratica ad un piccolo concorso di idee.

Le commissioni edilizie stesse dovrebbero evitare di costituire solo uno step di natura formale - burocratico ma, con criterio e competenza, dovrebbero entrare nel merito delle scelte di impostazione progettuale impedendo a progetti banali e non approfonditi di proseguire il loro iter.

L’individuazione e il rispetto di precise competenze professionali, che valorizzano le specifiche competenze e curriculum di studio e di esperienza progettuale, nella presentazione delle pratiche edilizie, continuerà invece ad essere molto importante ed anzi andrà sempre più visto come garanzia della qualità finale e come tutela per la collettività.

Anche gli istituti scolastici superiori potranno dare il loro contributo al miglioramento della sensibilità dei ragazzi nei confronti dell’architettura contemporanea, dando spazio alla materia nei programmi di studio e organizzando, magari, incontri e visite guidate ad opere realizzate in italia ed all’estero.

D’altra parte ci sembra anche giusto che il territorio, in particolare la città, in cui ha operato una figura di rilievo come Giovanni Michelucci e che, fra i primi casi in Italia ed Europa, ha visto la realizzazione in contesto storico di una importante opera di architettura contemporanea come la “borsa merci” del 1948, possa ambire ad avere nuovi esempi di architettura di qualità, migliorativa delle città ed instaurare nuove relazioni di vita, anche a dispetto di chi, recentemente, ritiene che siccome oggi non ci sono più i “maestri” di un tempo, l’architettura contemporanea sia destinata ad essere relegata in ambiti minori, negando di fatto il suo significato e la sua universalità.

Paolo Bechi e Alessandro Suppressa