IMPRONTE GENNAIO 2005

CONSIDERAZIONI, ATTRAVERSANDO I LUOGHI DELL’INFANZIA


Nello scrivere queste note, relative alla relazione fra qualità dello spazio e valori educativi, ho cercato di calarmi nell’ottica del bambino, che ogni quotidianamente viene accolto all’interno di un asilo nido.

La prima ora del mattino per molti di molti di noi è frenetica, in quanto dettata da orari da rispettare e spesso costituita da gesti abitudinari. Il bambino, dopo il risveglio e la piacevole riscoperta di ritrovare la sicurezza nei volti, nella voce dei propri cari e nella padronanza degli spazi e delle cose della propria casa, desidererebbe ritmi più pacati, invece di vedere il resto della famiglia uscire freneticamente da una stanza all’altra, scambiarsi comunicazioni pratiche al volo e sparire di gran fretta perché incombe il suono di una campanella o l’impietoso scorrere delle lancette dell’orologio. Al mattino, il bambino lascia sicurezze, i propri giochi, il tepore della casa e nel giro di qualche minuto, si relaziona con un ambiente collettivo, l’asilo, dove impara a stare con “altri”, all’interno del quale deve necessariamente ritrovare altra sicurezza data da altri volti, da altri spazi e da altre cose che ogni giorno diventano sempre più “proprie”.

Estremamente importanti, per il bambino, sono la qualità e la singolarità dei gesti degli operatori, il calore e l’accuratezza degli ambienti che accolgono. Nei piccoli, forse, non esistono le categorie del bello o del brutto, del buono o del cattivo: il loro atteggiamento verso le persone e le cose è del tutto aperto in quanto ogni cosa è da esplorare e anche per questo sono molto fragili. Sono in grado, però, di comprendere se un tale ambiente o una tale situazione contribuiscono a farlo “stare bene”. E’ un’esigenza fisiologica che ben dispone il bambino a recepire le sollecitazioni e le esperienze che lentamente contribuiranno ad arricchire la sua crescita interiore.

Rimettendo i panni dell’architetto, osservo come nella nostra città, come del resto in molte altre, salvo rarissime occasioni, le strutture scolastiche sono “bruttine”: la semplicità della configurazione non vuole dire banalità o trascuratezza, e anche nei tratti semplici dovrebbe essere ricercato il senso e la relazione con il contesto. Molti edifici scolastici sono stati costruiti da molti decenni con criteri funzionalistici e con rigide impostazioni; sono certo che alcuni dovrebbero essere demoliti e ricostruiti secondo logiche più rispondenti ai valori educativi trasmessi ai bambini e ai giovani. Gli studenti nella scuola apprendono tante cose utili ma purtroppo imparano a convivere con l’inadeguatezza degli spazi, con pareti bianche prive di contenuti, arredi e soluzioni formali privi di identità: ciò è sempre più percettibile con il crescere di ordine scolastico. Per motivi professionali ho modo di visionare riviste di architettura e di annotare come molti paesi europei investano molte risorse economiche e creative nel rinnovamento e nella qualità degli edifici per l’educazione e la cultura: l’integrazione europea deve avvenire anche su questo fronte.

Negli asili e negli spazi dedicati alla prima infanzia, nonostante l’aspetto dimesso dell’immagine esterna di molte strutture, nell’interno vieni immediatamente avvolto da tante sollecitazioni e comprendi da subito che quel determinato ambiente comunica l’esistenza di un progetto educativo consolidato e ricco di sollecitazioni, tutto da scoprire.

Il grande architetto Giancarlo De Carlo, in una recente intervista su Domus, affermava: “il minimo che chiedo agli architetti: di saper progettare un angolo. Possono essere anche dei poeti, ma gli angoli sono alla base di tutto”. Negli asili non c’è un angolo che non abbia un senso che non comunichi opportunità (il gioco, la sosta, la musica, la natura etc) che non si faccia carico della “complessità morbida”, così definito da esperti “un ecosistema diversificato, stimolante e accogliente dove il soggetto è all’interno della collettività ma anche spazi personali, di pausa dal ritmo generale”: un ambiente semplicemente abitabile, che anche gli architetti dovrebbero frequentare per imparare a valorizzare i dettagli.

E questa magia che avviene frequentemente nell’asilo perché non può segnare anche ambiti pubblici, nella strada, nell’area verde, nella sala di attesa, nei luoghi di lavoro, insomma nei luoghi della città? Perché ciò che è offerto negli anni dell’infanzia non lo è più o lo è molto meno nelle altre fasi evolutive della vita?

La qualità ambientale, sociale architettonica degli spazi urbani contemporanei (non solo quindi dei luoghi protetti) hanno effetti rilevanti non soltanto su esperienze, percezioni e benessere degli attuali bambini e delle bambine ma, soprattutto, influisce sul loro sviluppo futuro dal punto di vista fisiologico, psico - sociale e culturale.

Infatti, il mondo degli adulti dimentica spesso l’importanza del sistema relazionale fra le persone in primo luogo e poi con lo spazio vissuto e l’ambiente circostante. In piccolo, l’asilo nido o la scuola materna, rappresentano una sorta di prototipo di stile di vita estendibile all’intera città.

Ecco, allora, l’importanza di ricercare forme e esperienze interdisciplinari stabili per comunicare i valori e i contenuti dell’esperienza consolidata presente nei servizi educativi nella nostra città a tutti coloro che non hanno avuto modo di usufruire dei servizi.

Si evita così il rischio che questa forma di investimento sulle future potenzialità di una comunità non si trasformi aridamente in numeri o indicatori quantitativi alla base di un bilancio ma resti semplicemente un’occasione privilegiata per continuare ad alimentare il desiderio di “sentirsi bambini” presente in ciascuno di noi.


Alessandro Suppressa